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martedì 11 maggio 2010

Vincenzo Di Corato:Un manfredoniano d’adozione, che si è adoperato nella nostra città


Oggi, con una breve biografia, vogliamo raccontare la storia di Vincenzo Di Corato: personalità poliedrica e semplice, che ci ha lasciato l’11 maggio 2003. Vincenzo Di Corato nasce ad Andria il 24 ottobre 1928, la sua famiglia per lavoro si trasferisce a Manfredonia, città che ama profondamente e nella quale trascorrerà tutta la sua vita, andando ad abitare in Via Campanile n.52, posto reso famoso anche per l’allestimento di presepi realizzati dal padre Riccardo, da cui apprese questa ammirevole arte. Ha solo cinque anni quando giunge a Manfredonia, e sin da piccolo sviluppa l’interesse per la musica tanto da riuscire a convincere suo padre a mandarlo a prendere lezioni private di violino dal M° Murgo. 
Cresce con lui la voglia di sapere, conciliando lo studio con il lavoro e la famiglia. All’età di anni 18 Vincenzo comincia a trasferire le proprie emozioni sulla carta trattando i temi più vari, quali l’amore, la fede, la vita, la morte. Primo di nove figli, dal 1948 deve portare avanti le sorti dell’intera famiglia in seguito alla prematura scomparsa del padre Riccardo. Quando il lavoro e lo studio sembravano, ormai, colmare la sua esistenza, si innamora perdutamente di una giovane sarta, Nicoletta Barbieri ( vedova con una figlia, Rosa ), che sposa e continua ad adorare fino all’ultimo respiro; dall’unione nasce una figlia ( Michelina ).
Chi ha avuto modo di conoscerlo personalmente lo descrive come una persona umile e squisita, di animo nobile, pieno di bontà ed altruismo disinteressato, specie quando veniva coinvolto in progetti con finalità artistiche e culturali. Dopo vari lavori, anche in Germania, si afferma nell’amata Manfredonia come fabbro (vedesi foto di alcune sue opere). Le sue creazioni artistiche lo portavano con fantasia a lavori di rappresentazione tanto apprezzati, anche dall’insigne professor Michele Melillo, il quale gli augurava una produzione sempre più abbondante e pregevole; con lo stesso prof. Melillo contribuirà ad allestire il museo Sipontino. In pensione sperimenta con notevoli risultati l’incisione sul rame ispirandosi a mitologia, storia, racconti biblici e poesie da lui stesso composte. Conquista tutto questo bagaglio culturale esclusivamente grazie allo studio da autodidatta, avendo conseguito la quinta elementare. Trascorre gli ultimi anni dedicandosi totalmente ai suoi cari con amore ed attenzioni continue, fino alla morte avvenuta, all’età di 74 anni. 
Vincenzo di Corato, nonostante il tempo, non è stato dimenticato, ha lasciato un eredità di affetti, nelle persone che lo hanno conosciuto, anche tramite le sue poesie. Tanti i nipoti che hanno imparato il mestiere nella sua officina, tra questi il titolare della cosmic impianti s.r.l., che ha contribuito a sponsorizzare il libro di poesie dal titolo: “La foto a segnalibro”; Testo presentato a Manfredonia: a palazzo Celestini, il 28 dicembre 2009 con la presenza dell’Assessore Paolo Cascavilla, dello scrittore Italo Magno e del maestro e scultore Franco Troiano, oltre all’editore Andrea Pacilli; e al palazzo Ducale di Andria il 22 febbraio 2010 alla presenza dell’Assessore al Comune di Andria Leonardo Lonigro, di Italo Magno, dell’Artista Ulissina Schettino e di Andrea Pacilli.

Infine, il 23 Aprile u.s., c’è stata la presentazione del libro da parte di Italo Magno nell’ambito del progetto di “scrittura creativa” della scuola media “N. Perotto”. L’occasione, avviata e fortemente sostenuta dalla professoressa Giuseppina Prencipe e dalla Preside dell’Istituto, professoressa Maria Angela Sinigaglia, è stata utile e gradita, affinché, gli alunni della scuola leggessero, pure con sottofondo musicale, alcune poesie di questo maestro eccezionale ( vedi foto ).
Vogliamo congedarci dal Vincenzo “poeta”, per l’appunto con una sua poesia, che narra di scene, che si svolgevano prima del 1950, e che possiamo considerare ancora attuale:

Paese di mare
Quando la tempesta di colpo s’abbatte
di giorno, è crepuscolo.
Tutti corrono ai ripari.
Il lavoratore in campagna
corre al riparo con l’armento,
l’artigiano chiude la vetrina,
i giovani che in piazza si divertono
si rifugiano nei caffè, o loro case.
L’unico disgraziato per mestiere
è il marinaio: ciò che possiede
casa, lavoro, attrezzi e sicurezza
è con lui, che affronta la furia.
Il mare che lo schiaffeggia da tutti i lati.
La sua guida è forza di coraggio
rivolto a Dio ed al santo suo protettore.
In paese il dramma è apocalittico.
Madre, moglie, figli
corrono alla sponda, piangono
implorano, i capelli se li sciolgono,
fan vela asciugando pioggia e pianto.
Le vesti inzuppate esaltano le forme.
Da lontano le barche a vela si distinguono,
dai segni visibili alla punta
e baciano terra con segni di croce
invocando il protettore, offrendo doni.
Questo è il calvario delle brutte stagioni
dove c’è il mare si gioisce e si muore.
Grazie Vincenzo, ci hai fatto vedere la realtà con occhi diversi
Benedetto Monaco

 

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