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mercoledì 9 giugno 2010

Mercoledì della memoria: "Quando si convolava a nozze per evitare di esser fatti Prigionieri"

La storia della vita di Conte Michele Antonio residente a Manfredonia in via magazzini. Sono nato a Castel-nuovo della Daunia in provincia di Foggia il giorno 17/1/1915. Abitante in Via XX Settembre. Vorrei precisare che mi chiamo Michele Antonio perché il giorno 17 Gennaio, ricorre la festività di S. Antonio Abate e nello stesso giorno inizia carnevale. Vi racconto che nel 1922 frequentavo la 1^ elementare, ho avuto fortuna di avere come insegnante la signorina Rosa Menichella, sorella del Dott. Donato Menichella, che all’epoca ricopriva l’incarico di governatore della banca d’Italia a Roma. La mia classe era composta di 22 ragazzi, ma ricordo che solo 3 alunni erano più bravi, la maestra per premiarci ci regalava pennini e qualche volta anche quaderni. Vi preciso che oltre me c’erano altri due alunni, Coltella Matteo e Sinicola Settimio, di questo trio fummo promossi tutti gli anni e sempre insieme fino alla 5^ elementare. Dopo aver ottenuto la licenza elementare, un giorno venne a casa la mia maestra per parlare con mio padre mastro Antonio (maestro d’ascia) , dicendo di avere un figlio molto bravo, ci raccomanda di far continuare gli studi a Michele Antonio. La risposta di mio padre fu la seguente: “maestra voi state parlando con un uomo che ha conseguito la 3^ elementare e non avendo la possibilità economica non posso mandare mio figlio a Lucera per continuare gli studi.” Dopo essere venuta a casa mia la maestra si recò in casa di Coltella Matteo, ripetendo la stessa cosa al padre, ricevette una risposta negativa; all’età di 12 anni non aveva mai portato una lira in tasca, pertanto si fermò qui. Infine si recò nella casa di Sinicola Settimio, riferì al padre la medesima cosa come ai primi due genitori, la risposta del padre fu: “io precisamente non posso farlo continuare ad andare a scuola, ma scriverò a mio figlio Antonio che sta lavorando a Milano e gli chiederò se può aiutare economicamente il fratello più piccolo Settimio, che è molto bravo a scuola così da poter continuare gli studi per ottenete un diploma.” Il fratello Antonio che era a Milano, ricevuta la lettera del padre, in seguito si infuriò e seppe che a Milano già esistevano le borse di studio per i più bravi, e scrivendo al padre dicendogli di accompagnare suo fratello Settimio a Milano per continuare gli studi. Riprendendo a studiare Settimio non solo si diplomò, ma riuscì anche a laurearsi, per cui si dedusse che la maestra della scuola elementare aveva visto bene e lontano, l’avvenire di questi scolari, però io che l’altro ragazzo in merito non avemmo la stessa fortuna dell’amico Settimio, ad avere il fratello a Milano, sicché la vita scolastica di questi ultimi due ragazzi terminò lì non avendo seguito. Tornando a parlare del Dottor Settimio, Cinicola lasciò definitivamente Milano per tornare nel suo paese natio Castel Nuovo della Daunia. Caso volle che il padre avesse un piccolo appezzamento di terreno del quale egli ebbe modo di osservare, secondo la sua idea, la sua teoria e la sua conoscenza, questo terreno viscido chiamato bendonita aveva delle proprietà curative, provvedendo così ad analizzare e scoprire che era idoneo alla cura dei fanghi per alleviare i dolori reumatici; tanto è vero che ancora oggi esiste uno stabilimento che provvede all’essiccamento di questo terreno di proprietà del Dott. Settimio, e che dopo acquistò altri terreni idonei e saggiati, esclusivamente per lo sfruttamento del terreno che serviva per il suo lavoro.

Anche dopo la sua morte, la moglie e i suoi figli hanno continuato questa attività. Ora passiamo all’amico Matteo Coltella, come ho già detto aver terminato gli studi con la licenza elementare, nei primi anni ha lavorato col padre nei campo agricoli, dopo essere stato chiamato alle armi per il servizio di leva, partecipando alla 2^ guerra mondiale dal 1940 al 1945, durante l’operazione di guerra, fu catturato del nemico e fatto prigioniero. Finita la guerra ha fatto ritorno al suo paese, poi si sposò ed iniziò l’attività commerciale e precisamente di tessuti e abbigliamento, infine passiamo a me che sono conte Michele Antonio, che dopo la 5^ elementare, cominciai a praticare facendo l’apprendista presso una sartoria nella bottega artigianale della signora Ciarducci, devo dire di essermi accorto che questa sarta era gelosa del suo mestiere, cercando di non farmi osservare i movimenti che effettuava per il taglio dei vestiti con un pretesto o l’altro, mandandomi a fare commissioni per lei, e tra l’atro a prendere l’acqua minerale alla sorgente cavallina. Accadde che mio padre, incontrandomi con l’acqua mi fece un richiamo, perché anziché stare ad apprendere e imparare il mestiere andavo ad attingere l’acqua dalla fonte, ed io risposi che mi mandava la sarta a fare questo. Allora mio padre andò su tutte le furie togliendomi dalle mani il recipiente di terracotta pieno di acqua rompendolo, dopodiché mi disse andiamo dalla sarta. In sartoria disse Antonietta! Mio figlio Michele Antonio io l’ho fatto venire qui da voi per fargli imparare il mestiere di sarto, e aggiunse: da questo momento mio figlio non verrà più qui da voi. Poi aggiunse dicendomi che da questo momento dovevo lavorare con lui nella sua bottega di artigiano (maestro d’ascia) per la costruzione di tini, barili, botti, ed altro. Nell’anno 1938 mi hanno chiamato alle armi, anch’io ho partecipato alla 2^ guerra mondiale, di cui vi racconto. Partendo dal mio paese con destinazione Roma. Giunto sul posto mi assegnarono al reggimento che si occupava di materia chimica offensiva per il nemico. Dopo mi trasferirono nella città di Udine e poi a Bardonecchia in provincia di Torino. Sul ponte punta freus al confine con la Francia, era accampato un gruppo di soldati francesi, subito dopo è scoppiata la guerra, naturalmente anch’io ho partecipato alle operazioni di guerra sul fronte occidentale confinante con la Francia dopo, il comando ha provveduto al mio trasferimento tra l’Albania e la Grecia e ricordo che proprio su quella zona ho ricevuto dal comando il grado di sergente, quindi sottufficiale, infine dopo tanto, rientrai in Italia e mandandoci precisamente a Velletri vicino Roma. Il giorno seguente la nostra compagnia, compreso il nostro capitano, abbiamo avuto dal comando un mese di licenza, ma dopo 12 giorni ricevetti a casa mia un telegramma dal comando in cui era scritto di rientrare immediatamente a Velletri. Partito da casa raggiunsi Velletri e lì ho incontrato il mio capitano e gli altri graduati rientrati per lo stesso motivo. Dopo 2 giorni il capitano avendo ricevuto nuove disposizione dal comando, ha rimesso insieme la nuova compagnia, me compreso; ci è stato detto che questa nuova compagnia doveva venire in Puglia e arrivai a Foggia, dove c’è stata una nuova disposizione di proseguire per la Calabria. Sono arrivate altre disposizioni dal comando di proseguire per la Sicilia e precisamente a Trapani, poi giunti lì, ci hanno imbarcato per l’isola di Lampedusa.

Dopo il capitano ha badato a sistemare la compagnia affrontando le varie mansioni nei vari posti, mentre io avevo disposizione di stare in servizio del capitano, ci siamo sistemati in una palazzina al pianoterra in località “Guiccia”, che si trova a poca distanza dal porto.

Quanto sopra detto è avvenuto entro la fine dell’anno 1942. Si dà il caso che il giorno primo Gennaio 1943 moriva mio padre, cosa che io non sapevo, ma dopo diciotto giorni, ho ricevuto da casa un telegramma dai Carabinieri di Castelnuovo, informandomi della morte di mio padre, immediatamente il capitano provvedeva a rilasciarmi la licenza di trenta giorni per andare a casa e approfittando della partenza di un aereo Yunrer tedesco, che era diretto a Napoli, sono salito sull’aereo e sono arrivato a Napoli., per poi raggiungere con mezzi civili Castelnuovo della Daunia.

Vorrei solo precisare che in quel momento storico i tedeschi erano nostri alleati. A fine licenza sono andato a Trapani dove era sistemato il comando Tappa, perché dopo la licenza non sapevo cosa fosse successo e dove sarei andato.

Essendo io un sottufficiale, sedevo a tavola con altri sottufficiali ed ufficiali per la colazione, il pranzo e la cena. Qualche giorno dopo ho conosciuto un collega originario di Foggia, addetto alle navi in partenza, con mansioni diverse e varie destinazioni; devo dire di essere stato favorito da lui.

Mi ha avvertito che sarei purtroppo dovuto partire per Lampedusa. Allora ho pensato di telefonare da un telefono pubblico alla mia fidanzata Lenuccia, dicendole se era disposta a sposarmi perché mi avrebbe evitato di andare a Lampedusa dove c’era il pericolo di essere catturati e fatti prigionieri. La risposta fu positiva per cui ho ricevuto il benestare per le nozze. Subito dopo la telefonata ho comunicato al comando, poiché dovevo sposarmi avevo bisogno urgente della licenza matrimoniale, che era di trenta giorni. Per cui dopo aver ricevuto il consenso, partii per Castelnuovo della Daunia, dove siamo convolati a nozze.

Finito il matrimonio e trascorsi i trenta giorni, avevo appreso dalla stampa che l’isola di Lampedusa era stata occupata dagli Americani, anziché ripartire per Trapani sono partito per Roma presso il mio reggimento, dicendo loro che cosa avrei potuto fare. La risposta fu che dovevo ritornare obbligatoriamente a Trapani al comando di Tappa. Arrivato a Messina, fortunatamente incontrai un mio compaesano anche lui militare che mi disse che non era necessario andare a Trapani, perché la Compagnia da Trapani era stata trasferita ad Agrigento. Allora mi sono diretto ad Agrigento, presentandomi al capitano di compagnia e dicendo di scusarmi per i tre giorni di ritardo perché ero andato a Roma presso il mio reggimento.

Il capitano telegrafò al comando di Tappa a Trapani, facendo presente della situazione della compagnia e chiedendo se lo autorizzava a restare con lui. Il sergente Conte Michele Antonio era già lì e la risposta che ebbe fu la seguente: “il Sergente deve rientrare a Trapani!” Successivamente feci amicizia con un tenente, che parlando del più e del meno mi chiese di dove fossi, io risposi che ero della provincia di Foggia, mentre lui era della provincia di Potenza.

Non molto tempo dopo sbarcarono a Trapani gli Americani, noi ci presentammo al loro comando consegnando le armi e fornendo le nostre generalità. Dopo queste operazioni provvidero a trasferirci a Marsala dove c’erano altri prigionieri. Si dà il caso che il mio tenente, che tra l’altro era medico, fu incaricato dagli Americani a gestire in modo precario una specie di pronto soccorso ai feriti, per cui il mio amico medico mi incaricò di fare l’infermiere con lui.

Successivamente il comando Americano mi chiamò e mi disse che poiché ero graduato sottufficiale, da quel momento dovevo lasciare l’incarico di infermiere e dovevo formare un plotone di cui ero il capo e mi chiese se volessi collaborare con loro. Io rifiutai e mi portarono in Algeria, precisamente a Diserta in un campo di concentramento. Avendo così capito che questo trasferimento era avvenuto, mi ero opposto a collaborare, mentre altri italiani che avevano accettato di collaborare erano liberi e benvestiti.

Per ovviare all’errore fatto, mi recai al comando degli Americani e mi portarono in Marocco a Casablanca. Stando lì mi reclutavo in una compagnia di M.P. = military police, facendomi frequentare un corso di trenta giorni, vestiti di tutto punto all’americana, tanto sembrare americano, mi distinguevo solo dallo stemma dell’Italia di stoffa che portavo sul braccio sinistro e mi affidavano una Gip. Il nostro compito era di sorveglianza ai grandi magazzini e strade. Dopo tre mesi circa arriva un nuovo trasferimento in Algeria con lo stesso compito. Infine alcuni mesi dopo mi trasferirono in Francia, a Marsiglia, via mare, svolgendo gli stessi compiti. Rimanendo in quella zona circa un anno ed esattamente fino al mese di Ottobre del 1945. Al termine di questa ultima tappa c’è stato l’armistizio, la guerra era finita e grazie a Dio potevo ritornare a casa mia da mia moglie, in buona salute e definitivamente. Qualche giorno dopo il mio rientro ero stato chiamato in comune dal Segretario Comunale di Castelnuovo, che mi dà l’incarico di lavorare all’ufficio anagrafe del Comune. Io che in quel momento non avendo un lavoro, accettai, anche se all’inizio non si trattava di un assunzione a tempo indeterminato. Questo nuovo lavoro durò per nove mesi, ma avendo notato che non vi era assolutamente la volontà di assumermi, per questo rifiutai l’incarico ricevuto. In seguito svolgendo altri lavori a me adatti, tra l’altro come comandante dei Vigili Notturni. Con questo concludo la mia storia di studio, di guerra e di lavoro.

Ora frequento assiduamente il Centro Anziani di Via di Porta Pugliese venendo da casa mia a piedi che si trova in Via Magazzini, stessa cosa per tornare a casa. Devo dire che stando in questo centro, mi diverto tantissimo a giocare con altri al gioco delle carte: come tressette, scopone, scopa e il gioco della dama. Di quest’ultimo gioco richiamano il campione.

Questa storia è tratta dal sig, Conte Michele Antonio di anni 95 compiuti, con una lucidità mentale eccezionale.

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