Tre puledri in particolare passavano il loro tempo a giocare lungo la riva del fiume. Si chiamavano Furia, Misurato e Coccolone.
Il loro gioco preferito era la corsa, vinceva chi arrivava primo.
Si mettevano tutti e tre lungo la linea di partenza e al nitrito del via cominciavano a correre.
Furia aveva una partenza energica, adoperava fin da subito tutte le sue energie, voleva andare al massimo e voleva vincere.
Era di sicuro il cavallo più bello e più forte.
Misurato, anche lui bello e forte ma un tantino meno di Furia, sapeva che se voleva batterlo doveva calibrare bene i suoi sforzi ed economizzare al massimo le sue energie.
Non era il più forte, ma di sicuro sapeva valutare sia le situazioni esterne che le proprie capacità, ottimizzava i tempi e le proprie energie in modo da poter ottenere il massimo da se stesso… e talvolta riusciva pure a battere Furia, il più forte.
Coccolone, contro di lui non c’era gusto a gareggiare. “Almeno Misurato qualche volta vince”, pensava Furia, “ma Coccolone… non so proprio perché insisti a voler gareggiare con noi”.
Coccolone era il più giovane e anche il più lento, non aveva mai vinto una gara in vita sua e probabilmente, a detta dei suoi compagni, non l’avrebbe mai vinta.
Questo però gli importava poco, già a lui importava poco di vincere. Furia quest’atteggiamento proprio non lo capiva.
Come si fa a non desiderare la vittoria? Misurato commentava: “Fa bene, sa di non essere il più forte e lo accetta. Perché affliggersi per nulla?”.
Non riuscivano a capire che a Coccolone non importava se sarebbe arrivato primo o se sarebbe arrivato ultimo.
Lui conosceva bene le proprie capacità, sapeva in cosa era forte e in cosa era debole, dava sempre una mano quando poteva aiutare e si lasciava aiutare quando ne aveva bisogno lui.
Viveva serenamente e mostrava una fiducia nella vita e nei suoi compagni che neanche gli amici stessi riuscivano a capire.
Un giorno come tutti gli altri, i tre puledri si apprestarono a correre. “Facciamo una gara, Misurato” propose Furia. “Ci sono anch’io” disse Coccolone. “Proprio non capisco perché ti ostini a voler perdere! Va bene, vieni” rispose Furia.
Si disposero così lungo la linea di partenza.
Il percorso era nuovo, questo non piaceva a Misurato abituato com’era a calcolare sempre tutto. Almeno era asciutto e duro, questo avrebbe dovuto agevolarlo nella corsa.
Furia riusciva a vincere su tutti i tipi di terreno perché era forte, ma Misurato sapeva di dover dosare bene le proprie energie per poter assaporare il gusto della vittoria.
“Gusto che tu, Coccolone, mai assaporerai” continuò Furia con il suo tono canzonatorio.
Furia e Misurato avevano una forza che conoscevano bene, ma anche Coccolone aveva dentro di sé un qualcosa che lo rendeva forte e questa forza sarebbe stata presto resa nota.
Al solito nitrito di partenza i tre cominciarono a correre, Furia avanti, Misurato con un distacco minimo e Coccolone molto dietro.
Furia con il solito impeto, Misurato con la solita convinzione di riuscire a valutare al meglio il terreno e le proprie forze e Coccolone con entusiasmo.
I pericoli di quel percorso ignoto però non era riuscito a percepirli neppure Misurato e in un attimo i tre puledri si trovarono impantanati (nonostante il terreno apparisse a prima vista abbastanza asciutto) e videro i loro corpi cominciare a sprofondare (eppure il terreno gli era sembrato duro “Come posso essermi sbagliato così?” pensava Misurato).
Tutti e tre ebbero paura in quel momento. Furia cominciò a dimenarsi con tutte le forze ma così non faceva che peggiorare la situazione.
Intanto gli altri cavalli del villaggio erano giunti attirati dalle grida dei puledri spaventati.
Cercarono di calmare Furia: “Non ti muovere, ora veniamo a tirarti fuori. Resta calmo”, ma non c’era verso. Furia si agitava sempre più e così facendo sprofondava di brutto.
Aveva perso la calma, lui abituato a vincere sempre, lui se l’era sempre cavata con le sue forze e ora che queste non le erano di nessun aiuto si sentiva impaurito e impotente. Vani furono i tentativi dei cavalli del villaggio di tirarlo fuori di lì.
Poi questi tentarono di tirar fuori Misurato. Questi era abituato a vagliare sempre tutto e a trovare sempre le soluzioni migliori.
Questa volta invece non era riuscito a valutare proprio un bel niente, non sapeva in cosa era capitato, non aveva mai sentito il terreno sprofondare sotto il peso del proprio corpo e in quel momento si sentiva così confuso e sembrava aver perso completamente la ragione. “Non ti muovere, ora veniamo a tirarti fuori. Resta calmo” gli dissero gli altri cavalli corsi ad aiutarlo.
Ma non c’era verso, Misurato non si calmava e così fece la stessa fine di Furia.
Infine i cavalli del villaggio accorsero a salvare Coccolone che era rimasto indietro essendo il più lento.
“Non ti muovere, ora veniamo a tirarti fuori. Resta calmo” gli gridavano i cavalli mentre si apprestavano. Stranamente Coccolone però si era già calmato, aveva sentito i cavalli e sapeva che sarebbero venuti presto a tirarlo fuori.
Aveva rallentato i suoi movimenti così come gli stavano suggerendo di fare per evitare di impantanarsi ancora di più e piano piano prima tirando fuori la testa e poi tutto il corpo era riuscito a liberarsi dal peso di quelle sabbie fino a trovarvisi fuori completamente, appena prima che i cavalli giunsero.
Sì, proprio così, appena prima, non ci fu neppure bisogno che venisse tirato fuori fisicamente dai cavalli del villaggio, bastò la loro presenza, bastò il loro sentirsi rassicurato, gli bastò sapere che non era solo, a salvare Coccolone.
E questa è la forza nascosta che porta ancora dentro di sé.
Questa favola è dedicata al mio amico e collega Antonio.
Daniela Mauti
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