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lunedì 21 novembre 2011

Porto di Manfredonia: Campo, è un nano in un mondo di giganti, ci vuole integrazione

Il Porto Alti Fondali di Manfredonia, altrimenti detto Porto della Capitanata, è un’importante infrastruttura che oggi langue priva di traffici: preda di evidenti ed endemiche lacune strutturali, priva di un’elaborazione strategica che la riguardi. O meglio, come dimostrano i fatti, priva di una strategia diversa da quella non ha prodotto alcun effetto.
Da molti anni il Porto è governato da un’Autorità portuale costituita da un commissario, un sub commissario e una, forse due, unità amministrative. 
Com’è noto, oltre che evidente, il nostro scalo non aveva e non ha i livelli di traffico che avrebbero legittimato, a tenore di legge, l’istituzione di tale organismo di gestione; ma fu fatta la scelta politica di procedere ugualmente su questa strada con l’adozione di una specifica previsione normativa.

A distanza di qualche anno, tutti gli organismi istituzionali, tecnici e consultivi che costituirebbero realmente l’Autorità non sono stati insediati e, naturalmente, all’orizzonte non si intravede nulla
Arrivati a questo punto, il buon senso suggerirebbe di rimeditare l’intera vicenda e mi auguro che il nuovo Governo la voglia riconsiderare alla luce dei dati di fatto, avviando una riflessione in cui coinvolgere il territorio.
Le ragioni che rendono questa infrastruttura importante per lo sviluppo della Capitanata sono note a tutti, ed è proprio muovendo da quelle considerazioni e dalla constatazione delle criticità esistenti che, da sindaco di Manfredonia, mi permisi di avanzare la proposta di costituzione di una grande autorità portuale del nord della Puglia: che fondasse la sua forza sull’attuabile specializzazione dei porti di Bari, Barletta, Manfredonia e Monopoli; che mettesse a sistema il valore di ogni singola infrastruttura; che si dotasse di una seria programmazione strategica di medio periodo, costituendo un corridoio privilegiato per la mobilità di uomini e merci dal Mediterraneo verso l’alto Adriatico e l’Europa.
Un’Autorità grande e in grado di costituire una rilevante massa critica in termini di risorse finanziarie e, soprattutto, di risorse politiche da spendere nei contesti in cui si assumono le decisioni che contano e che hanno come prospettiva l’accesso ai mercati dell’Europa continentale e dei Balcani, non certo del Molise.
Idea di fondo e prospettiva strategica erano suggerite e sostenute da ovvie considerazioni di contesto. 

La prima: Manfredonia non aveva i numeri necessari a reggere il suo autarchico isolamento; quant’anche si fossero raggiunte le quantità minime di traffico necessarie a dare legittimità all’Autorità portuale, il porto sarebbe stato un nano in un mondo di giganti globalizzati. 
Seconda considerazione di contesto: la crisi era nei fatti già nel biennio 2005-2006, le risorse già scarseggiavano ed era chiaro che ve ne sarebbe stata maggiore penuria nel futuro prossimo.
Insomma, pensavo che da soli non ce l’avremmo fatta. E non ce l’abbiamo fatta!
Ho girato la Puglia e la Capitanata per mesi a spiegare ai colleghi sindaci e amministratori, al sistema delle imprese e delle organizzazioni dei lavoratori che valeva la pena provarci. 
Ci abbiamo provato, ci siamo riusciti, ma siamo rimasti fuori dal gruppo nell’ultimo miglio. 
L’Autorità portuale del Levante è nata e il porto di Manfredonia non ne è parte.

Con queste riflessioni non voglio rivendicare meriti o alimentare dietrologie. 
Vorrei provare a stimolare una ripresa della discussione, soprattutto in Capitanata, su questo tema e, ancor più, sul metodo da utilizzare per approcciare le nostre attuali difficoltà. 
Lo stesso adottato per promuovere la costituzione dell’Autorità Portuale del Levante.
Di questi tempi sarebbe utile partire da quel che si ha e valorizzarlo e difenderlo al meglio; non è, ahimè, il tempo delle palingenesi, ammesso che sia mai esistito e che mai giungerà.
Innovare e connettere mi è sempre parso uno slogan adeguato ai tempi. 
La Capitanata cresce e diventa strategica quanto più accetta la sfida della integrazione con il resto della Puglia. 

Il Mediterraneo è la grande frontiera che l’Italia e l’Europa hanno il dovere di raggiungere per scommettere su una nuova crescita sociale ed economica. 
Che lo vogliamo o meno, dovremo fare i conti con questa frontiera, con i problemi, le incertezze, i drammi e le opportunità che da quella frontiera si veicolano.
Il caso, tra l’altro, vuole che il Mediterraneo sia un mare e che dal mare si giunga più comodamente a terra se ci sono dei porti. 
La Puglia ne ha tanti, ed è un fatto che la Puglia si connetta all’Italia ed all’Europa più rapidamente attraverso la Capitanata. Ma se noi la rifiutiamo, la Puglia, “quelli” scelgono un'altra strada.
Com’è arcinoto tutte le strade portano a Roma, figurarsi a Bruxelles. E’ solo una questione di convenienza e comodità.

Paolo Campo
Segretario provinciale
Unione provinciale PD Foggia

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