
Il dilemma circa la loro utilizzazione data dalla nascita di quell’impianto, vale a dire oltre una trentina di anni.
Durante tutto questo tempo si è discusso, polemizzato, intrapreso vertenze giudiziarie varie, senza che però si sia venuti a capo del problema.
Che manco a dirlo si ripropone pari pari oggi ma con la tassativa esigenza di dare una risposta operativa nel giro di qualche mese.
Di qui la mobilitazione delle espressioni istituzionali del territorio nel ricercare le soluzioni più acconce che diano una prospettiva di sviluppo al porto e dunque al territorio e alla sua economia.

Impresa tanto ardua quanto ingegnosa trattandosi per tanti aspetti di inventarsi soluzioni che contemperino le esigenze tecniche della struttura portuale con quelle economiche delle attività che dovranno svilupparsi.
La presenza di quei nastri trasportatori, mai peraltro sperimentati, costituisce il discrimine per soluzioni diametralmente opposte.

Nel caso molto concreto di non trovare soluzioni ottimali che coinvolgano quell’impianto, le considerazioni avanzate hanno fatto riferimento ad una sua “rifunzionalizzazione”, “ammodernamento”, che in sintesi vogliono dire un porto ex novo.

L’aspetto negativo è costituito dai tempi non certo immediati. In questa prospettiva si è parlato di ripristinare l’uso del porto storico opportunamente ritoccato con interventi che non richiedono tempi lunghi come ad esempio il dragaggio del bacino portuale.
Punto fermo unanimemente affermato è l'esigenza di dare una operatività al porto, quale sbocco della Capitanata, dotato di una logistica articolata e funzionale e dunque di definire un piano che tenga conto dell’esistente e che attragga l’interesse di operatori che non mancherebbero. Il lavoro prosegue.
1 commenti:
l'unica cosa da fare è abbattere quel mostro di cemento e amianto che ostruisce l'orizzonte.
ma non lo faranno mai mai perchè è una gallina da sfruttare (per le loro tasche)
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