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domenica 18 novembre 2012

Favole Sipontine: L’Impavida Principessa e la Creatura della Notte

C’era una volta un castello molto lontano posto nell’estremo ponente separato dal borgo abitato e immerso in un paesaggio tetro e lugubre. Fatto salvo il re, la regina, la giovane principessa e la servitù più fedele, non vi era rimasto più nessuno. 
Ma non sempre era stato così. Anni addietro il castello era luminoso, fiorente e animato da gente di tutta l’età, mercanti e paesani infatti passavano continuamente di lì omaggiando il sovrano di tesori provenienti da tutto il mondo.
Un giorno però il re commise una grave colpa della quale non volle mai parlarne, di certo per questa mancanza dovette pagare lui, la regina, la figlia allora giovanissima e tutte le persone rimaste a lui fedeli che si videro così per incantesimo confinati agli estremi del mondo, laddove il sole tramonta e non risorge, laddove non esiste il giorno, non esistono le ore e l’angoscioso trascorrere del tempo pare quasi eterno. .
Soltanto un gesto coraggioso e nobile avrebbe potuto spezzare il sortilegio e riportare la luce. Pertanto il re e la regina ogni giorno compivano gesti prodigali ed altruisti, ma questi risultavano vani.
Le avevano provate proprio tutte e non sapevano cos'altro fare.

Non capivano che quei gesti non erano sufficienti in quanto indotti dalla paura e non dalla generosità.
Quei luoghi infatti avrebbero incusso timore anche al più coraggioso fra i cavalieri e l’occupazione principale dei castellani e servitori finì per essere l’escogitare un piano per venirne fuori e riportare così il castello all'originaria ubicazione e all'antico splendore.
Altresì la giovane principessina non era mai uscita dalle porte della fortezza, perché i dintorni erano abitati da creature orribili e feroci che si aggiravano nell'oscurità alle quali nessuno osava avvicinarsi.
Non seppe mai perché si trovassero lì, sapeva solo che era per un incantesimo e come tutti gli incantesimi avrebbe potuto essere spezzato e questa speranza le infondeva coraggio. 

Intanto la giovane principessa cresceva mentre il padre invecchiava e con lui tutta la fedele servitù.
Ogni giorno che passava si sentiva più sola e per questo sempre più triste, al pensiero che un giorno sarebbe potuta restare veramente sola le si riempiva il cuore di angoscia e di paura.
Avrebbe dovuto fare qualcosa, ma non sapeva cosa.
Fuori dal castello le belve dell’oscurità l’avrebbero divorata. Ma la fine dei topi… questa di certo non l’avrebbe fatta. 
Alla giovane principessa restava una fedele serva che fatto sta era anche una fata e come una strega senza cuore tanti anni addietro potette fare un simile sortilegio, tanti anni dopo una fata benevola… 
Ma non voglio togliervi la sorpresa, ecco il seguito… 
  
Un giorno la fedele serva le disse: “Sembrano ieri i giorni in cui ti tenevo in braccio. Ormai sei una donna e poco ancora posso fare per te. 
A te sta il destino del castello. In te la mia speranza. Se resterai qui ti ritroverai sola e senza discendenza. Devi uscire e raggiungere il borgo”. 
“Ma come?” replicò la giovane “Le belve della notte non avranno pietà di me”.
Non temere” le rispose la fata “Le creature maligne temono la luce” e le donò un lanternino che le avrebbe allontanate ammonendola “Fa attenzione che la lampada non si spenga, almeno finché il sole non sarà sorto, allora avrai raggiunto il borgo”.
Sapeva camminare appena la giovane principessa quando la sua sventura ebbe inizio e quasi non ricordava più la luce del sole, da ponente a levante non sapeva quante miglia avrebbe percorso, di certo sarebbe stato un lungo viaggio e chissà se ce l’avrebbe mai fatta. Sicuramente era una possibilità e per questo andava tentata.
Così si accomiatò dalla fedele serva senza riuscire a trattenere le lacrime e senza sapere se l’avrebbe mai più rivista. 

L’indomani intraprese il cammino. La fata le aveva fatto dono anche di un topolino di nome Fiuto che l’avrebbe aiutata a trovare il sentiero e di un uccellino di nome Captante che l’avrebbe avvertita dei pericoli.
 Uscita dal castello la principessa si accorse che il bosco era più impervio di quanto avesse potuto immaginare e si rese subito conto dell’importanza dell’ausilio del prode topolino, inoltre con quell’oscurità assoluta la sola fonte di illuminazione proveniva dal lanternino che portava con sé e per questo non poteva scorgere lontano.
Si rese così subito conto anche dell’importanza dell’aiuto del buon uccellino. Intanto fra rovi e grovigli procedeva attenta intenta a non far rompere la lampada e lesta dovendo raggiungere il borgo in tempo. Un’impresa non facile. 

Nonostante le asperità del percorso l’audace principessa procedeva di buona lena. Dopo ore di cammino seppur esausta non aveva rallentato il passo né l’attenzione.
Dal lanternino proveniva l’unica luce e l’unica possibilità di salvezza in quel buio angosciante. Per questo motivo non poteva perder tempo, l’olio con sé avrebbe dovuto bastargli.
Eppure quando vide una creatura del bosco intrappolata non poté fare a meno di fermarsi. “Per di qui, per di qui!” cominciò Fiuto, il giovane topolino, incitandola a proseguire nel cammino.
 “Attenta, è una creatura malefica” la avvertì Captante, l’accorto uccellino, che avendo capito l’intenzione della principessa cercò subito di fermarla:“Non liberare la belva o ti divorerà”.
La giovane principessa non poteva scorgere chiaramente i lineamenti dell’animale poiché la luce della lampada era fievole. Chiaramente l’olio era al termine. E nell’oscurità tutte le creature facevano paura. “Non vedi che l’olio è quasi finito?” insistette Fiuto “Possiamo solo sperare che il sole si trovi dietro il monte qui davanti a noi. E per raggiungere la vetta in tempo dobbiamo correre, che dico correre, dobbiamo volare!!!”. “Ti divorerà, ti divorerà!!!” le urlava dal canto suo Captante.
La giovane principessa però sembrava non prestare attenzione a quegli avvertimenti. Alla vista della bestiola ferita non poté fare a meno di soccorrerla, non sarebbe sopravvissuta altrimenti.
Be’ in realtà non sarebbe sopravvissuta neanche lei se non avesse raggiunto il borgo per tempo. Nonostante questo, però, si fermò senza indugio ad aiutare l’animale.
Liberata, la bestia impaurita urtò con un movimento inaspettato ed involontario la lampada, rompendola. Fiuto e Captante sbiancarono dalla paura: era la fine!
E invece no, proprio in quel momento come per miracolo il sole spuntò. Ce l’avevano fatta. Erano salvi! 
Nonostante le belve dell’oscurità temessero la luce la bestiola smise di tremare.
Se avesse potuto parlare probabilmente avrebbe espresso tutta la sua gratitudine, ma era solo una volpe, si leccò la ferita e corse via. 

Fiuto e Captante ripresero il loro colorito naturale e assieme alla principessa continuarono il cammino. Ora potevano chiaramente vedere il villaggio e sarebbero presto arrivati a destinazione.
Entrati nel centro abitato l’impavida principessa riconobbe subito il paese natio.
Poteva vedere ora pure il castello. Sì, era proprio il castello, al centro del borgo, nell’originaria ubicazione e riportato all’antico splendore.
L’incantesimo era rotto e la luce del sole era sorta. La gioia fu tanta che la principessa riacquistò in un attimo tutte le forze. Raggiunse il castello in un baleno.
Suo padre non era più malato e la sua fedele serva era lì ad aspettarla. “Libera, Libera”, questo era il nome della fata “Qualcuno ha rotto l’incantesimo giusto in tempo e mi sono salvata”.
Sai chi è stato?” le domandò la serva. “No” “Ne sei sicura?” “Sì, non ho idea di chi possa essere stato”ribatté l’ignara principessa.
Eppure è qualcuno che conosci molto bene” “Davvero?” ci pensò un po’, poi continuò “Sei stata tu Libera?”.
La fata fedele rise: “No, io so fare molte magie, ma non ho il potere di rompere un tale sortilegio” “Ma allora chi può essere stato?” “Ricordi cosa avrebbe rotto l’incantesimo, mia principessa?” “Sì, un gesto coraggioso e nobile” “E non ti ricordi di un tale gesto?” “No, proprio no… Probabilmente non ero presente quando è stato compiuto”.
La fata amorosa sorrise di fronte alla purezza della ragazza. “Eppure se sei stata proprio tu. Lo hai forse dimenticato?” “Ah sì? E quando?” “Quando hai liberato l’animale” “Ma come avrei potuto lasciarlo lì?” 
“Quando hai visto la bestia” le rispose la serva “nonostante le creature più sagge lì con te, Fiuto e Captante, cercassero di allontanarti da essa, tu hai tirato fuori tutto il tuo coraggio e il tuo amore. Hai rischiato la vita permettendo che la lampada si rompesse e rischiando che la belva ti divorasse. Così il tuo coraggio e la tua bontà hanno vinto sulla paura e sulla solitudine di quei luoghi.”

La principessa ancora non si rendeva conto della nobiltà del suo gesto e poi c’era una cosa che proprio non capiva: “Perché mi avete sempre fatto credere che le creature della notte fossero malvagie? Nelle tenebre non potevo distinguerla bene, ma alla luce del sole mi accorsi che era semplicemente sola ed impaurita”.
Ancora non capisci, mia cara” le rispose la vecchia serva “La luce non proviene dal sole, ma da te”. La principessa era ancora più attonita. “Quando il tuo amore ha vinto sulla paura, la bestia si sentì confortata, non più sola non ebbe più paura. 
Poiché aveva ricevuto del bene, si accorse del bene che era dentro di sé. La tua bontà ha così annientato la malvagità e portato alla luce la sua parte buona. 
Capisci ora da dove proviene questa luce che ha ridato la vita a tutto? E pensare che l’hai sempre avuta dentro di te. Oggi l’hai solo tirata fuori”. 

E così l’amore e il coraggio vinsero sulla paura e sulla solitudine della notte. 

Dedicato a tutti i lettori, affinché possa risplendere la luce che è in loro. 

Daniela Mauti

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