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mercoledì 5 maggio 2010

Mercoledì della memoria: "A 90 anni ricordo la lunga storia come recente"

Sono Michele Tomaiuolo nato il 13/03/1920 a Monte Sant'Angelo, e residente a Manfredonia in via della Croce. Iniziamo la mia storia, da quando sono partito da Manfredonia nell'anno 1940, il giorno 14 Marzo; Quando sono stato chiamato alle armi all'inizio della seconda guerra mondiale, scoppiata nell'anno 1940 fino al 1945. Sulla cartolina di chiamata, la mia prima destinazione assegnatami era Treviso, quindi partendo dalla stazione di Foggia su un treno merci, ho raggiunto la città di Treviso, pertanto sia io che tanti altri commilitoni, che pur essendo saliti da altre località, e destinati anche loro alla mia stessa, scendendo dal treno, venivamo prelevati da un caporale maggiore incaricato, e siamo stati condotti alla nostra caserma di appartenenza. Dopo tre giorni ci è stata data la prima libera uscita serale dalle ore 19,00 alle ore 21,00. Dopo ventitre giorni, io e tutta la mia compagnia cinquantacinquesima fanteria, abbiamo fatto il giuramento proprio sul letto del fiume Piave, che in quel periodo era quasi a secco e quindi sulle pietre, mentre sopra al ponte dello stesso fiume, sulle nostre teste,c'era il nostro Colonnello, che all'inizio del suo discorso, ci spiegava il comportamento del militare, tra l'altro ci aggiunse che durante le battaglie della prima guerra mondiale dal 1915- al 1918. in quel fiume scorreva il sangue degli italiani, e alla fine del suo discorso ci fece fare il giuramento di fedeltà alla patria. Dopo qualche giorno, c'è stato il trasferimento e salendo a piedi i monti delle alpi per imparare dagli istruttori gli addestramenti di operazioni di guerra, inoltre girando qua e là sù quelle montagne abbiamo avuto modo di vedere i cimiteri dei soldati morti in battaglia durante la prima guerra mondiale avvenuta negli anni 1915-1918. Vvedendo quella miriade di croci, si stringeva il cuore pensando di dover fare anche noi la stessa fine dovendo affrontare una nuova guerra, sempre camminando e facendo addestramento siamo arrivati in Val Sugana e poi siamo saliti su altri monti del Trentino. Dopo tutte queste esercitazioni, è arrivato l'ordine di trasferirci in Albania. Voglio precisare di essere stato fortunato nel partire una settimana dopo la partenza della mia compagnia, cioè cinquantacinquesima fanteria, perchè essendo partiti loro una settimana prima dal porto di Bari per Valona in Albania, giunti ai confini della Grecia, l'intera compagnia fù decimata durante una operazione di guerra. Mentre la settimana successiva il mio gruppo formato da trenta Militari, eravamo stati assegnati e addetti al trasporto di rifornimento sia di vettovaglimento che di armi e munizioni, ed un numero di trenta muli, perchè ognuno di noi aveva avuto un mulo in consegna, per quanto sopra detto. Partimmo anche noi imbarcandoci dal porto di Bari per Valona in Albania, fortunatamente siamo arrivati a destinazione. Sbarcati a Valona, siamo stati guidati per il fronte e cioè tra l'Albania e la Grecia, ma ci siamo trovati in un cimitero di soldati, in pratica è stato fatto uno sterminio di soldati italiani, nostri commilitoni. Il nostro gruppo di trenta persone e trenta muli arrivati dopo, siamo stati intercettati, presi fatti prigionieri e portati in Grecia dove era accampato il comando generale nemico. 
Hanno chiesto e preso le nostre generalità militari e civili, dopo ci hanno dato un poco da mangiare, per poi imbarcarci su una nave destinandoci a Corinto per poi proseguire per Calamatta, raggiungendo Patrasso in treno per poi imbarcarci ancora su una nave con destinazione Creta. Ci hanno isolati su una montagna tenendoci prigionieri con altri ottomila uomini e circondati da guardie e mitragliatrici affinché nessuno potesse scappare. La nostra permanenza di prigionieri è durata sei mesi, ed esattamente dal trenta di dicembre 1940 al trenta maggio del 1941. A fine maggio vi è stata una svolta positiva, quando è arrivato lo stormo di aerei tedeschi nostri alleati. Si sono lanciati tanti, ma tanti paracadutisti armati, che ci hanno liberati consegnandoci alle truppe italiane che si trovavano sia pure sulla stessa isola, ma a levante, mentre l'esercito tedesco era accampato sul lato di ponente. Dopo questi eventi questi, noi soldati liberati, eravamo diventati pelle e ossa tanto secchi da pesare trenta chili circa, naturalmente perchè siamo stati tenuti per sei mesi senza cibo. Quindi per farci riprendere in qualche modo, ci hanno tenuto quaranta giorni in contumacia, cioè in stretta sorveglianza perchè non si sapeva se il nostro provato fisico resistesse o no. Inizialmente mangiavamo pochissimo e si beveva molta acqua dalla sorgente che si trovava vicino a noi, e solo Dio sà come ci siamo salvati. Passati quaranta giorni, ci siamo rimessi in salute alquanto bene, dopo ci hanno rivestiti da capo a piedi e ci hanno imbarcati per il ritorno a Bari. Giunti al porto di Bari, attendeva il nostro arrivo un ufficiale che registrava ogni soldato che rientrava, e gli chiedeva tutti i dati personali, perchè doveva comunicare alle rispettive famiglie, l'arrivo dei propri figli. Dopo di che provvedeva a telegrafare alle caserme dei carabinieri di ogni località, che prontamente avvertivano le famiglie, che a loro volta dovevano poter raggiungere la città di Bari e riabbracciare il proprio congiunto, e dando ad ogni soldato una licenza di otto giorni per tornare a casa e stare in famiglia. Dopo gli otto giorni di licenza siamo tornati ognuno al proprio reggimento di appartenenza. Il mio reggimento, da quanto risultava scritto sul mio foglio di licenza, si trovava alla caserma di Ventimiglia ai confini della Francia, e qui giunto, sono stato preso in forza alla compagnia di fanteria. In questa località sono rimasto circa due mesi, dopo mi hanno trasferito in Piemonte e precisamente a Salluzzo, ed altre località del Piemonte. Tre mesi dopo hanno accettato la mia domanda di poter tornare a casa mia in famiglia in congedo, ed esattamente con licenza illimitata, perchè c'era la legge circa l'esenzione per il terzo figlio, che non avrebbe dovuto fare il soldato, ma poiché si era in un periodo di guerra ed avendo bisogno di forza di uomini, non si teneva conto di questo criterio, tanto che sia io che altri cinque miei fratelli, siamo stati tutti sotto le armi a servire la Patria. Dopo tre mesi mi hanno richiamato alle armi con nuova destinazione, nella città di Barletta alle Casermette. Qui sono rimasto due mesi, dopo mi hanno trasferito a Cagliari imbarcandoci a Civitavecchia e sbarcandoci a Olbia in Sardegna, e dopo, in treno ci hanno fatto andare a Cagliari, e da li ci hanno fatto fare tanti spostamenti per tutta l'isola, infine ci hanno imbarcati per raggiungere la città di Palermo in Sicilia, dove in precedenza erano arrivati gli americani, nostri alleati, che dovendo lasciare la Sicilia per avanzare verso il centro ed il nord Italia per la liberazione dell'Italia intera, proclamata come sappiamo il venticinque aprile dell'anno 1945. Ritornando a noi che eravamo settecento soldati, rimasti in Sicilia con le mansioni di guardia ai grandi depositi pieni di ogni genere, vestiario, alimentari e quant' altro. Passate tante altre peripezie mi è stato dato il congedo, e sono tornato a casa in famiglia, e subito dopo arrivarono anche i miei cinque fratelli. Quindi ringraziando Dio tutti sani e salvi. Dopo tutto sopra detto, ho cominciato a lavorare in agricoltura come piccolo coltivatore, e tutto questo è andato avanti per quindici anni, ma si tirava la vita a stenti, perchè si prendevano pochi soldi, tanto da costringermi contro la mia volontà di lasciare il mio paese Manfredonia, la mia nazione, ma sopratutto lasciare la mia famiglia, mia moglie e tre figli, per andare a lavorare all'estero e cioè in Germania, per cercare di guadagnare di più e mandare i soldi che puntualmente inviavo per posta ogni mese a mia moglie. Ho lavorato in diversi posti, ad Hamburgo, facevo il facchino al porto, dopo sei mesi sono andato a lavorare ad Halbron, in una fabbrica di auto ed esattamente la Prinz Brau alla quale azienda si sono accorpate l'Audi, poi la Volkswagen e qui sono rimasto un lungo periodo, esattamente tredici anni. 
Dopo tanto lavoro fatto, ed avendo messo da parte un poco di soldi sono tornato alla mia Manfredonia dalla mia famiglia, riprendendo a fare il piccolo coltivatore, fino al pensionamento. Al momento del mio racconto ho la veneranda età di novanta anni, godo ottima salute ed ho una mente, che ricorda tutto il passato che tutti i fatti attuali.

Ringrazio tutti per aver voluto ascoltare la vera storia della mia vita. 
Tomaiuolo Michele

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Io credo davvero che tutti noi dovremmo ringraziare la gente come il signore Michele, i veri eroi del secolo scorso, che con i loro innumerevoli sacrifici hanno contribuito al benessere attuale dell'Italia.

Grazie signor Michele!

Angela ha detto...

Grazie Signor Michele per i suoi sacrifici e per aver condiviso la sua storia cosi' difficile con tutti noi. Io ho avuto uno zio granatiere che e' morto sul fronte Greco-Albanese a Sella Radati nel dicembre del 1940. Spero presto di potere andare a trovare il cimitero e il luogo dove e' sepolto. Le auguro ogni bene. --Angela

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