La guerra scoppiò in un periodo già di crisi e carestia, non fece che peggiorare le nostre condizioni economiche, fisiche e quant’altro.

Il nostro vestiario consisteva in tanti stracci rattoppati, scarpe vecchie e molte volte anche bucate sotto, mentre vecchi artigiani, con il legno creavano zoccoli, e con le gomme di camera d’aria usata di bicicletta o di auto, componevano sandali. C’era la lotta alla sopravvivenza, alla povertà, per cui l’uomo era oggetto dei potenti.
Quando le sirene cominciavano a suonare, si scappava fuori dalle case per paura dei bombardamenti al passaggio degli aerei nemici, per recarci nei rifugi, oppure verso la campagna.
Devo precisare che anche a Manfredonia furono lanciati dagli aerei, bombe incendiarie , di cui una di queste, è caduta in largo quattro boccali, un'altra nei pressi di via magazzini, un’altra al torrione ed un’altra ancora nelle vicinanze della posta centrale, che all’epoca non c’era.
Durante il fascismo i soldati erano schierati in militari fascisti e militari del Re, che si distinguevano perché questi ultimi avevano le stellette sui giubbini, mentre i soldati fascisti indossavano la camicia nera, e lo stemma del fascio. Mussolini, obbligava le popolazioni a tesserarsi al Fascismo, altrmenti avrebbero preso la punizione che consisteva nel bere olio di ricino. Devo precisare che i militi , e cioè i soldati fascisti , avevano carta bianca , vale a dire erano autorizzati a fare tutto quello che volevano, senza opposizione da parte di nessuno, inoltre la loro paga era superiore alla paga dei militari del Re.
Con l’arrivo delle truppe Anglo-Americane, l’Italia chiese l’armistizio. Tutto questo creò la scissione con i nostri alleati tedeschi, diventando da quel momento in poi nostri nemici, a tal punto che saccheggiarono l’Italia, facendo saltare ponti, strade, porti, e quant’altro. Un esempio lo troviamo anche a Manfredonia, fecero saltare il ponte sul fiume Candelabro danneggiato dai tedeschi, caricavano uomini sui camion come se fossero bestie, e li portavano via, perché sarebbero serviti a loro come schiavi . La popolazione stanca della sottomissione, dei saccheggi e della miseria, cominciò a ribellarsi prendendo d’assaalto più magazzini (viveri, vino, formaggi, pasta, piselli, zucchero ed altri generi di prima necessità). Nel fuggi fuggi i soldati terdeschi lasciarono depositi militari pieni di armi e munuzioni, e chi riusciva , andava a prendere le armi e munizioni. Finita la guerra, nell’Aprile del1945, nell’anno 1946, mi iscrissi per la prima volta al sindacato C.G.I.L. presso la Camera del lavoro. Successivamente ci furono le prime elezione per eleggere la forma di Stato Italiano. Infatti, il 2 giugno del 1946 il popolo fu chiamato alle urne per il Referendum Istituzionale. Vinse la “Repubblica” contro la “Monarchia”. Il Re fu mandato in esilio in Portogallo. Nel 1948 mi tesserai al partito F.G.C.I. All’età di 12 - 13 anni andai a lavorare in campagna, dove si dormiva sui pagliai con sotto, le tavole in legno. Naturalmente in condizioni disumane. Col passare degli anni acquistai una bicicletta, così che non avevo più la necessita’ di dormire sul posto di lavoro, ma facevo su e giù, da casa alla campagna, in bicicletta. Al lavoro si andava senza orologio, poiche’ se il “fattore” scopriva di avere l’orologio, ci licenziava. Al mattino, appena sorgeva il sole, dovevamo essere presenti sul posto di lavoro fino all’imbrunire, quando a quel punto c’era la corsa a prendere le pentole per cucinare sui fornelli di paglia. Dovevamo essere veloci, altrimenti col buio si doveva cucinare facendosi luci con una misera lampada a petrolio.

A 19 anni ci fu una piccola svolta nella mia vita. Partii per il militare e mi mandarono prima a Fano e successivamente a Modena, nell’ottavo reggimento artiglieria pesante campale poi venni trasferito a Ferrara, dove ebbi la specializzazione di radiotelegrafista. Tutto ciò avvenne in 18 mesi, dopodiche’ sono tornato a lavorare in campagna. Mi sono fidanzato con una bellissima ragazza ed abiamo coronato il nostro sogno con il matrimonio avvenuto il 27-08-1959. Nonostante la crisi, ringraziando il Signore siamo riusciti ad andare avanti ed avere un tenore di vita discreta. Successivamente nel 1961 e’ venuta al mondo la nostra primogenita Raffaella.
Nel frattempo io avevo preso in affitto un pezzo di terreno nei pressi di Siponto. Quando non lavoravo per conto dei miei datori di lavoro, coltivavo la mia terra, ma per poter sopravvivere nel 1962 decisi di emigrare in Germania (Stoccarda).
Li trovai un lavoro da schiavi, un lavoro sporco. Si trainavano per il collo due secchi pieni di catrame bollente, come i buoi: uno da un lato, uno dall’altro. Tale catrame serviva nell case in ristrutturazione, il quale faceva da isolante tra il cemento e la pavimentazione: era un lavoro molto pesante. Oltretutto non c’erano ascensori e si doveva salire il carico a piedi e con la paura di soffocare per il calore. Tutto questo per mandare una lira in più ai familiari. Intanto nel 1963 nacque il mio secondo genito Nicola, il quale nacque con qualche problemino che grazie a un po’ di sacrifici siamo riusciti a risolverli. Tornato in Germania volle seguirmi anche mia moglie, grande lavoratrice, la quale trovò lavoro in una fabbrica di tessuti per indumenti per bambini. Abitavamo a Stuttgart e a dicembre del 1969 siamo rimpatriati per vivere in modo discreto e goderci un po’ la vita. Poi ho incominciato ad andare in giro per trovare lavoro.
Dopo una decina di giorni per grazia di Dio l’ho trovato lavoro nell’agricoltura. Dopo circa 8 mesi ho trovato lavoro all’Enichem ed ho dovuto cambiare qualifica: cioè come manovale presso la Ditta (Grandi ) di “Savona”, come metal meccanico. Poi durante il lavoro che facevo misono specializzato e conducevo l’autogrù. el mese di marzo del 1972 mi e’ nata la terza figlia Luciana. Durante questo periodo di tempo verso la fine di Aprile del 1972, la Ditta “Grandis” ha terminato il lavoro e se ne e’ tornata a Savona, ed io mi sono licenziato. Dopo una ventina di giorni di disoccupazione sono riuscito a trovare un’altra Ditta , la 3 M di Foggia come responsabile presso l’ingegnere Valentino. Ho lavorato sempre con l’autogru’ ed ho lavorato fino alla fine del 1973. Poi ho trovato lavoro nei “netturbini”. Ed ho lavorato fino al 1992. Dopodiche’ sono andato in pensione.

Li trovai un lavoro da schiavi, un lavoro sporco. Si trainavano per il collo due secchi pieni di catrame bollente, come i buoi: uno da un lato, uno dall’altro. Tale catrame serviva nell case in ristrutturazione, il quale faceva da isolante tra il cemento e la pavimentazione: era un lavoro molto pesante. Oltretutto non c’erano ascensori e si doveva salire il carico a piedi e con la paura di soffocare per il calore. Tutto questo per mandare una lira in più ai familiari. Intanto nel 1963 nacque il mio secondo genito Nicola, il quale nacque con qualche problemino che grazie a un po’ di sacrifici siamo riusciti a risolverli. Tornato in Germania volle seguirmi anche mia moglie, grande lavoratrice, la quale trovò lavoro in una fabbrica di tessuti per indumenti per bambini. Abitavamo a Stuttgart e a dicembre del 1969 siamo rimpatriati per vivere in modo discreto e goderci un po’ la vita. Poi ho incominciato ad andare in giro per trovare lavoro.

Testi e F.to di Salvatore CAPUTO
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